Carbon Neutrality e Google

Google e la Carbon Neutrality

Crescita e sostenibilità: due concetti che molto spesso divergono senza trovare un punto d’incontro. Proprio per questo si sente parlare di azienda ad impatto zero o carbon neutrality: si tratta di realtà che pongono una rilevante importanza alla sostenibilità ambientale operando nella maniera più green possibile (anche un’azienda cliente della nostra Agenzia SEO ha di recente annunciato i suoi obiettivi in termini di impatto e sostenibilità digitale).

In questo articolo approfondiamo il concetto di carbon neutrality nel dettaglio e vediamo perché Alphabet Inc ( proprietaria di Google), azienda 100% digitale, dedica grande attenzione alla sostenibilità sulla sua catena del valore.

Google value chain: catena del valore di google
Catena del valore di Google – Fonte : Google 2020 investor relations

Indice

Cos’è la carbon footprint 

Definiamo carbon footprint o impronta di carbonio la misurazione puntuale delle emissioni di CO2 dirette e indirette legate alle attività dell’azienda.  In base al protocollo di Kyoto, i gas ad effetto serra da includere nel conteggio sono:

  • anidride carbonica (CO2) la più famosa di tutte
  • metano (CH4)
  • protossido d’azoto (N2O)
  • idrofluorocarburi (HFCs)
  • esafluoruro di zolfo (SF6)
  • perfluorocarburi (PFCs)

Per capire quindi come ogni singola azienda impatta sul cambiamento climatico si parte calcolando l’impronta ecologica dell’azienda utilizzando metodologie quali l’analisi del life cycle, che stima le emissioni dirette della produzione aziendale (chiamate scope 1), quelle legate alla produzione dell’energia utilizzata (scope 2) e quelle della supply chain nel complesso (scope 3). 

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Cos’è la carbon neutrality

Definiamo la carbon neutrality come il saldo tra le emissioni di CO2 (dannose per l’ambiente) e le attività di rimozione di emissioni CO2 da parte di un’azienda, organizzazione, di uno Stato nazionale. In sostanza è un bilancio tra quanto un’entità inquina rispetto a quello che riesce a compensare.

Se sei un’azienda che usa molta energia da fonti fossili, per raggiungere la carbon neutrality devi cercare di ridurre le emissioni degli scope 1, 2 e 3 con revisioni ai processi produttivi, efficientamento energetico, uso di materiali diversi e molte altre azioni (il cosiddetto insetting, come la sostituzione di uno degli ingredienti della produzione con un altro ingrediente meno inquinante).

La quota residua di emissioni di anidride carbonica viene bilanciata (offsetting) acquistando dei crediti di emissioni di CO2 (carbon credits) rilasciati da enti o aziende private. Questo processo è possibile grazie a iniziative green (come ad esempio la piantumazione di alberi da parte di un’azienda). Ognuna di queste azioni fa ottenere all’azienda dei “crediti green” che dimostrano il suo impegno verso la sostenibilità.

Così il business, che di per sé inquina, bilancia le sue emissioni investendo altrove in attività sostenibili e buone per il pianeta.

Come funzionano i crediti delle emissioni di CO2 

L’attenzione al cambiamento climatico da parte di aziende e istituzioni ha creato un vero mercato di acquisto e vendita di crediti di CO2, che ha dato luce al ETS ( Emission Trading System) un sistema di scambio di quote di emissioni avviato dall’Unione Europea nel 2005. Ad oggi è il più grande sistema di scambio di quote di emissioni CO2 al mondo. Un meccanismo nato per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei settori energivori (ad esempio quello informatico) e con un forte impatto ambientale in termini di emissioni (plastica, acciaio, cemento).

Se da una parte si tratta di un grande passo avanti, dall’altro questo mercato permette a certe aziende di continuare a inquinare “senza freni” lavandosi poi la coscienza a suon di acquisto di crediti di CO2.

Google e la carbon neutrality

Tornando al caso Google il video sotto spiega i traguardi raggiunti e futuri della capogruppo Alphabet inc.

Google Carbon Neutrality video

Molti mi chiedono “il digitale inquina? quanto?” La risposta la trovate nelle prossime righe.

Siamo andati a cercare e leggere per voi la documentazione sulla sostenibilità di Google del 2020 e sono emersi 5 pilastri su cui Big G lavora sul tema emissioni CO2:

  1. Fare data center efficienti in termini di PUE;
  2. Passare all’utilizzo di energia prodotta da fonti rinnovabili per data center; 
  3. Creare spazi comuni e uffici sostenibili;
  4. Sviluppare prodotti Google che pensano alla sostenibilità (come ad esempio Nest);
  5. Entro il 2022 inserire la eco-sostenibilità nei servizi Google.

Quando il Motore di Ricerca dice: “siamo carbon neutral dal 2007”, significa che il colosso di Mountain View (che gestisce più 1 milione di server che consumano molta energia) già dal 2007 ha compensato l’inquinamento derivante dalla sua attività principale acquistando crediti di CO2.

Quando Google afferma: “Dal 2017 produciamo tanta energia green quanta ne consumiamo” significa in pratica che le sue infrastrutture producono e/o acquistano una quantità di energia da fonti rinnovabili pari alla quantità di energia totale usata, come in effetti si legge dalla documentazione 2020. In questa documentazione emerge che Big G. acquista 12,2 milioni di megawattora Mwh (vedi voce “Total Renewable Energy purchased” della documentazione Google) che è pari al totale consumato nel 2020 (voce “Energy Consumption”). 

Vista la varianza nel tempo delle energie rinnovabili, questo implicitamente significa che in certi luoghi e momenti sono costretti ad utilizzare ancora energia da fonti fossili. Infatti nelle documentazioni, il team di Google ammette “…implica l’acquisto di un surplus di energia rinnovabile nelle aree geografiche in cui l’energia solare e quella eolica sono abbondanti, ad esempio il Midwest degli Stati Uniti, per compensare la mancanza di energia rinnovabile in altre aree, ad esempio Taiwan.

Curioso come il consumo annuale di energia da parte di Google dal 2015 al 2020 sia più che raddoppiato passando da 5.533.000 a 12.749.000 Mwh. Per dare un ordine di grandezza, l’intera Sri Lanka ha consumato su base annua 12.600.00 Mwh (pari al consumo di Google ), la Slovenia è a 13.000.000 Mwh, una città come Milano gira su circa 1.600.000 mwh annui.

Bilancio e KPI energia Alphabet inc - Fonte : Google 2020 investor relations
Bilancio e KPI energia Alphabet inc – Fonte : Google 2020 investor relations

Questo non significa però che tutti i data center di Google siano oggi alimentati da energia verde proveniente da fonti rinnovabili, anche perché ci sono data center meno recenti che sorgono in luoghi dove tutte le fonti energetiche attivabili sono di origine fossile, e quindi inquinano.

Infatti Google afferma poi: “dal 2030 useremo nei nostri data center solo energia green prodotta da noi localmente”

Conclusioni

Se Google è tra i più grandi acquirenti di energie rinnovabili, significa che il digitale inquina, e molto! Proprio per questo abbiamo lanciato il nostro decalogo della sostenibilità digitale.

Per combattere il cambiamento climatico si può inquinare meno, inquinare e poi compensare, inquinare meno e compensare. Considerato l’ultimo rapporto dell’IPCC sul cambiamento climatico, ritengo prioritario che governi e aziende cerchino la carbon neutrality riducendo i consumi altamente energivori in modo da dover compensare di meno e rallentare gli effetti devastanti della CO2.

E tu cosa ne pensi? Se hai un business online, stai già pensando a come ridurre suo impatto ambientale? Noi possiamo fornirti un strumento importante: abbiamo creato l’algoritmo Karma Metrix, che consente di stabilire la quantità di emissioni di CO2 delle pagine dei siti web.

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