Google rivoluziona il mondo del content marketing, PR e della Link Building per la SEO: in un articolo sul Webmaster Central Blog, Big G cambia il trattamento dell’attributo rel=”nofollow” associato ad un Link, che diventa un indizio SEO ( non piu’ una direttiva) e aggiunge altri 2 nuovi attributi per i Link, Rel UGC e SPONSORED, che andranno a regolamentare tutti i link sponsorizzati ( di editori, fiere, native ads) e dai contenuti degli utenti. L’articolo spiega cosa cambia lato tecnico e sintetizza cosa fare da subito per i SEO, gli editori, gli influencer e le pubbliche relazioni.
In base all’attributo, un link organico (non banner) può essere di quattro principali tipologie:
L’attributo nofollow fu introdotto da Google nel 2005, con lo scopo di aiutare a combattere lo spam e la manipolazione del ranking tramite i link. In seguito poi si è espansa la sua sfera di utilizzo ed è diventato di comune utilizzo nelle pratiche di advertising e guest posting dietro accordo per evitare problemi con schemi di link e azioni manuali.
Da quanto l’attributo è stato introdotto, l’algoritmo di Google non ha preso in considerazione alcun link riportante l’attributo come segnale per il posizionamento organico di un sito.
Adesso, con l’introduzione dei nuovi attributi e l’evoluzione necessaria, la funzione del nofollow cambia.
Seppur non passi link juice tra una pagina e l’altra e vada a dire a Google che non stiamo eseguendo un endorsement del sito a cui linkiamo, da adesso il nofollow verrà utilizzato come indizio da parte degli algoritmi di Google, insieme ad ugc e sponsored, per capire meglio come trattare un link, piuttosto che direttamente ignorarlo.
L’evoluzione sta appunto in una migliore comprensione di vari segnali che il motore di ricerca rileva e che prende in considerazione per migliorare i propri sistemi.
Da adesso dunque i link con attributo rel=”nofollow” non saranno più completamente ignorati in termini SEO (già da tempo sappiamo che il crawler segue anche i link Nofollow) ma faranno parte, insieme ad altri segnali, di un complesso sistema di apprendimento e riconsiderazione dei link.
Secondo quanto riportato da Google, cambiando da un modello di ignoramento totale del Nofollow ad un modello di ricerca di indizi (hint), il motore di ricerca non si perde più altri elementi utili come le keywords ed il contesto in cui un link è inserito allo stesso tempo mantenendo lo scopo principale del nofollow, ovvero di non creare una relazione SEO tra il sito linkante e quello linkato.
Il grande cambiamento annunciato porta ovviamente a dubbi e domande sulla questione. Google ha provato a rispondere in modo “politico” alle domande più comuni e noi abbiamo tradotto in modo diretto con l’aiuto di Ale Agostini:
No, specialmente se il dominio ne ha tanti. Questo potrebbe scatenare una anormalità per il crawler che ha già eseguito una mappatura dei link Nofollow esistenti. Quindi per ora lascia tutto invariato in quanto la funzionalità del Nofollow rimarrà attiva.
Si, possono essere utilizzati più di un attributo rel per indicare i diversi scopi del link. Google pone l’esempio di un link con attributi rel=”ugc sponsored” per indicare un link che proviene da un contenuto generato dagli utenti e che inoltre è sponsorizzato o anche il caso in cui un contenuto su forum e commenti blog viene flaggato con il rel=”nofollow ugc”. Anche se non ci sono limiti al loro utilizzo congiunto, andrà studiato l’impatto sull’algoritmo.
Al momento direi di no, tenere il nofollow attivo è uno dei metodi migliori per evitare uno schema di link. In ogni modo è consigliato aggiungere anche il rel=”sponsored” per consolidare il segnale ed aiutare Google a capire meglio il contesto del link.
Si, ritengo che visto il proliferare di link da sponsorizzazioni fatti in vario modo, Google abbia voluto chiarire agli editori e influencer come si trattano i link pagati. L’altra strada era applicare penalizzazioni algoritmiche o manuali, che però sono una black box per i Non SEO. Il suggerimento di Google è di utilizzare il rel=”sponsored” anche congiuntamente con il nofollow.
Se tieni al SEO del tuo sito e dei partner che linki, devi usare questo standard. Per esempio se sei un sito di una fiera , hai la pagina degli sponsor e metti i link follow ai siti degli sponsor, l’attributo è errato in quanto si tratta di link sponsorizzati che dovrebbe avere il rel=”sponsored”. Google grazie all’ AI capisce sempre meglio il contesto ed l’utilizzo del link, quindi meglio “rigare dritti”.
Utilizzando i nuovi attributi, Google è facilitato nella comprensione del contenuto e delle relazione di link. Utilizzare i nuovi attributi è la best practice per rendere il lavoro di Google più semplice: se vendi link sponorizzati è anche il miglior modo per tenere il tuo posizionamento SEO.
Il rischio esiste ed è concreto. Google rassicura su questo fronte dicendo che “che non vengono presi in considerazione stretta i link ma un più vasto sistema di segnali che aiutano a capire il contesto”. In termini più ampi, questo significa che il mondo delle menzioni, delle PR e del Link Building tendono a convergere nel modo in cui Google valuterà il contenuto. Questo è la vera rivoluzione.
Già da oggi i nuovi attributi funzionano come hint per la valutazione del link in termini di posizionamento. Dal 01 Marzo 2020 il nofollow diventerà un indizio anche per questioni di crawling e spidering.
Se ovviamente si vuole evitare che una pagina venga indicizzata, non utilizzate il nofollow (che non era mai la scelta primaria consigliata – robots e meta tag da utilizzare in questo caso).
I servizi di Link Earning , contenuti sponsorizzati e forse PR dovranno evolvere. Ora Google fornisce una più ampia gamma di attributi per “catalogare un link” frutto di accordi monetario o di altro tipo, la prassi che potrebbe nascere sarà quello di inserire il rel=”sponsored” forse anche nei servizi di PR e influencer marketing.
Quante editori e agenzie di PR seguiranno questa pratica?
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