L’ottimizzazione per i motori di ricerca, si suddivide in svariate tecniche SEO che, spesso, si declinano a loro volta in ulteriori sotto-attività molto specifiche.
Non è semplice muoversi in questo dedalo di task da portare avanti, senza dimenticare la sperimentazione: la SEO infatti non è qualcosa di ben definito e non esiste uno standard di settore.
C’è l’ottimizzazione fatta male, che non porta risultati, e quella fatta bene, che di risultati ne porta eccome.
Come puoi fare, dunque, a migliorare il tuo posizionamento?
Ci sono diversi modi.
Prima, però, è importante ricordare che la SEO è un’area in continua evoluzione, perché segue di pari passo l’uso che le persone fanno dei motori di ricerca.
Le persone, a loro volta, sono in continuo mutamento e i motori di ricerca cercano di tenere il passo, riuscendoci con risultati alterni.
Ecco perché vecchie tecniche SEO che funzionavano anni fa oggi non portano a nulla. O peggio, possono anche fare danni.
Sto parlando di thin content, spam nei commenti, keyword stuffing, l’uso di parole chiave exact match esasperato e altri “trick” che gli “esperti SEO” degli anni 2000 usavano senza freni (e che vengono utilizzati ancora oggi, purtroppo).
Ecco perché ho preparato queste elenco di tecniche SEO semplici, immediate e votate ai risultati a livello organico.
Cominciamo!
Le keyword sono alla base di ogni strategia SEO, dalle keyword research alla scelta di come scrivere un titolo efficace per un articolo.
Una strategia per trovare parole chiave per cui puoi posizionarti velocemente è cercare in Search Console delle keyword che si trovino nella seconda o terza pagina di Google.
Basta recarsi nel menu “Rendimento”, cliccare su “Pagine”, scegliere una pagina da ottimizzare e infine cliccare su “Query”.
Fatto questo otterrai una lista di parole chiave per cui la pagina scelta è posizionata.
A questo punto, attiva la metrica “posizione media” e ordina le keyword per posizione.
Bene, ora concentrati sulle keyword nelle posizioni dalla 11 in su e seleziona le più rilevanti per la pagina prescelta.
A questo punto devi semplicemente usare quelle parole nel tuo testo, ovviamente in modo naturale e senza inserirle per forza tutte.
Ad esempio se ci sono varianti simili, scegline solo una: metterne troppe risulterebbe in un classico esempio di keyword stuffing, pratica che, come detto, è deleteria.
Se le parole trovate sono tante, concentrati su quelle che hanno anche qualche click. Probabilmente hanno anche un discreto volume di ricerca.
Se le keyword non sono molto rilevanti per la pagina, puoi anche considerare di creare un nuovo articolo o post dedicato all’argomento in questione.
Questa tecnica è una delle mie preferite perché è veloce e immediata.
Perché sprecare ore a cercare keyword quando i tuoi competitor hanno già fatto “il lavoro” per te?
Basta inserire in un tool SEO qualunque il dominio del tuo competitor e vedrai in un attimo quali sono le sue pagine migliori.
Oppure, potrai inserire l’URL esatto di una pagina e vedere per quali keyword è posizionata.
In entrambi i casi avrai parecchie idee per nuove pagine, blog post e altro.
Ad esempio, usando SEMRush, possiamo scroprire keyword a bassa difficoltà (colonna “KD%”) da attaccare, perché portano molto traffico o sono rilevanti a livello di business.
L’effettivo posizionamento, una volta prodotti i contenuti necessari, dipenderà molto dall’autorevolezza del tuo sito.
Non bisogna però farsi scoraggiare da un livello di difficoltà molto alto: spesso, una pagina davvero completa su un dato argomento riesce a posizionarsi a superare anche siti web molto autorevoli.
Insomma, provarci (quasi) sempre!
Il box “Le persone hanno chiesto anche” è una tipologia di snippet che appare con una certa regolarità in SERP, in relazione a determinate parole chiave e argomenti.
Sono indicazioni preziose che ricalcano cioè che gli utenti vogliono sapere e sono quindi da sfruttare ai fini SEO.
Trovare tutte le domande richiede un po’ di pazienza, visto che il box ne mostra solo 4 e occorre aprirlo e chiuderlo più volte per visualizzarne altre.
Esiste uno script per Phyton, creato da Alessio Nittoli, il cui codice è condiviso su GitHub e qualuno l’ha usato per fare un tool: AlsoAsked.
Lo strumento ordina in modo visuale le domande, permette di scaricare i dati in formato CSV o in formato immagine PNG.
Nel nostro caso, ecco il risultato:
Comodo no?
I link interni e la loro ottimizzazione sono un’attività spesso sottovalutata: se curata come si deve, può dare ottimi risultati.
Perché? Ecco i motivi.
I link interni sono una delle tante modalità con cui Google “esplora” il tuo sito e la loro organizzazione dice al motore quali sono le pagine che reputi importanti.
Ovviamente dobbiamo curare l’anchor text, ovvero le parole a cui viene “ancorato” il link, e in questo caso possiamo anche essere aggressivi con keyword exact-match (senza esagerare, manteniamo sempre la naturalezza nel linguaggio).
Non lo dico io, lo dice Google:
Ci sono tuttavia delle azioni da evitare, ovvero:
La struttura di un sito è molto importanti e uno dei modi migliori per renderla pulita e utile è proprio quello di curare i link interni.
Si può fare attraverso due sistemi:
Non dimentichiamoci, infine, che i link interni fanno rimanere gli utenti sul tuo sito (ed è un fattore che Google monitora).
I link interni dovebbero riflettere i contenuti che reputi più importanti.
Ci sono studi su questo aspetto della SEO e uno in particolare, di Authority Hacker, ha evidenziato che le pagine a più alto posizionamento tendono a ricevere link da pagine nella stessa sezione del sito.
In parole povere, nel nostro blog gli articoli sulla SEO dovrebbero linkare solo altri articoli sulla SEO.
Questa tecnica SEO è conosciuta come SEO Siloing o come Topic Cluster.
Fondamentalmente, si tratta di creare due tipi di pagine:
Un contenuto di tipo “pillar”, ovvero una pagina che copre un argomento in maniera estesa e mira ad una keyword a coda corta, più generica
Diversi contenuti di tipo “cluster” o più verticali, che sono articoli “di supporto” che coprono specifici sottoargomenti del topic principale, con obiettivo keyword a coda lunga.
Tutto sta nel seguire due semplici regole, una volta creato un cluster:
Anche in questo caso non occorre essere troppo “talebani”: se ha senso per l’utente, si possono occasionalmente linkare anche pagine fuori dal cluster. Assicurati però che la maggior parte dei link interni resti all’interno del cluster.
Ricorda che l’internal linking è completamente nelle tue mani: usala bene e vedrai i vantaggi in modo piuttosto evidente
La Barnacle SEO è un’attività di ottimizzazione per cui sostanzialmente ci si “appoggia” a un sito con più alta autorevolezza per aiutare il posizionamento dei tuoi contenuti su Google.
Il termine “barnacle” in inglese significa cirripedi, ovvero dei crostacei marini che sono caratterizzati dal vivere attaccati a un ospite, sia esso un altro essere vivente o inanimato, come navi, rocce e simili.
Questa tecnica è particolarmente utile nel caso di:
Quali sono dunque i siti più utili per questa tecnica? Ecco i più utilizzati:
Ovviamente qui dobbiamo includere anche ogni altro eventuale sito nella tua nicchia di mercato: ogni contenuto pubblicato su un sito autorevole, che quindi aumenta l’esposizione del tuo brand, può essere considerato una forma di Barnacle SEO.
Questa tecnica, inoltre, può anche permetterti di presidiare la SERP su parole chiave che per te sono molto importanti: potresti essere primo col tuo sito, mentre le posizioni seguenti potrebbero essere occupate da altri contenuti che menzionano il tuo sito, ma sono pubblicati su domini differenti.
I cirripedi non sono dei parassiti in senso stretto e non lo devi essere nemmeno tu, quando metti in atto delle attività di Barnacle SEO.
Cosa vuol dire? In soldoni, quando produci contenuti per altre piattaforme, fallo con il fine di dare valore a chi li fruisce: non essere spammoso o troppo autopromozionale.
L’obiettivo in questo caso è quello di migliorare il posizionamento di un sito che non è il tuo, per ottenerne benefici indiretti.
Chiunque faccia business online sa bene che ottenere backlink verso pagine di prodotto è molto, molto difficile.
Per passare link juice a questo tipo di pagine – che possono essere corsi, contenuti con affiliazione o e-commerce – possiamo utilizzare dei contenuti “intermedi”. Con questo intendo delle pagine ad alto valore per persone e motori, che si posizionano e che possono attrarre backlink in modo naturale.
Fatto questo, inserirai un link alla pagina di prodotto che vuoi “spingere”.
Lo schema è il seguente:
In linea di principio, ogni contenuto di qualità che offre alto valore all’utente è un potenziale mezzo per attrarre backlink.
Alcuni esempi:
Questi sono tutti asset potenzialmente utili al nostro fine.
Ad esempio, il nostro tool di misurazione della CO2 prodotta da una pagina web ha generato un discreto buzz online, offrendo valore a chi possiede un sito web e portandoci backlink “naturali”.
Come ultimo test dopo aver messo online il contenuto “intermedio”, fatti una semplice domanda: “Linkerei questa pagina dal mio sito? La consiglierei a un amico o un famigliare?”.
La risposta (onesta) saprà darti un’indicazione della bontà di ciò che hai prodotto.
Questa tecnica è tanto semplice quanto efficace: si tratta di identificare le menzioni del tuo brand o del tuo sito su articoli, blog post o news che, però, non linkano verso di te.
Quello che devi fare in questo caso è semplicemente scrivere una email alla persona che ti ha menzionato, chiedendo di aggiungere un link verso il tuo sito.
Questo tipo di attività funziona per un semplice motivo: non stai scrivendo a qualcuno che non ti conosce. Stai contattando una persona che sa chi sei e ti ha già citato in un contenuto: questo rende l’ottenimento di un backlink molto più semplice.
Il consiglio qui è di scrivere queste email tempestivamente, quando si scopre una nuova menzione: le persone sono infatti più disponibili ad aggiornare un contenuto quando questo è stato pubblicato da poco.
Ci sono diversi tool che fanno questo tipo di tracciamento in modo automatico: BuzzSumo, Ahrefs, SEMRush e altri.
Mettiti a investigare e invia qualche email. Ne vale la pena.
Il CTR (Click-through-rate, tasso di click) mostra quanto le persone cliccano sugli snippet dei tuoi contenuti nelle SERP di ricerca.
Questo dato è influenzato da diversi fattori, fra cui:
Quest’ultimo punto, in particolare, è spesso gestito con leggerezza. In realtà è molto importante e influenza in modo deciso il CTR.
Ecco dove agire per ottimizzarlo:
Quando un utente atterra sulle tue pagine, devi cercare di attirare e mantenere alta la sua attenzione.
Come puoi fare? Con la vecchia tecnica di copywriting che suggerisce di includere i cosiddetti “cliffhanger” interni all’interno di un testo.
Sostanzialmente, questi “cliffhanger” consistono in frasi concise che lasciano in sospeso il lettore e funzionano da elemento di transizione fra un paragrafo e un altro.
Il tono è informale e il fine è semplice: catturare l’interesse dell’utente e spingerlo a continuare a leggere.
Questa strategia è utile anche all’inizio del testo, per rafforzare la convinzione nel lettore circa la bontà del tuo contenuto e andare subito al sodo.
Chi si occupa di content marketing lo sa: il traffico di un articolo o blog post e destinato a calare, col tempo.
Ci sono diverse fasi che caratterizzano un contenuto una volta messo online: un primo picco, un calo, una crescita lenta ma costante, una fase di stallo e mantenimento delle posizioni, per finire con un graduale calo di traffico.
Come fare per evitare questa parabola discendente?
Vediamo alcune opzioni.
Controlla i tuoi contenuti: analizza e trova quali contenuti stanno perdendo traffico, quindi aggiornali.
Alcune attività che puoi fare in questo senso:
Ma non fermarti qui, ci sono innumerevoli azioni che puoi portare avanti.
Dopo aver migliorato i tuoi contenuti, non dimenticare di promuovere il tuo post “rinnovato” in tutti i modi possibili: attraverso campagne pubblicitarie, newsletter, condivisioni social e con gli outlet a tua disposizione.
È tutto molto semplice: le immagini pesano sui dati che gli utenti scaricano per visualizzare il tuo sito, rallentandone la performance.
Ottimizzarle, dunque, può portare a un forte miglioramento della velocità delle tue pagine web. E la velocità è un fattore di ranking ormai conclamato.
Mantenendo la qualità massima delle immagini, è possibile andare ad agire sul loro peso in byte grazie a strumenti gratuiti online, come Squoosh o TinyPNG.
Ci sono anche diversi plugin di WordPress che si occupano di questo tipo di azioni: Imagify, ancora TinyPNG, Smush Image, Optimus e molti altri.
Una volta scelto il metodo migliore per le tue esigenze, il peso delle immagini non sarà più un problema (finalmente).
I featured snippet sono un funzionalità della SERP di Google in cui un contenuto viene posizionato prima dei risultati organici, in un box molto evidente.
Questa feature, seppur tenda a portare pochi click verso il sito web di destinazione, è utile per due aspetti:
E il bello dei featured snippet è che non è essenziale essere primi in SERP, per ottenerli.
Per verificare la posizione con e senza featured snippet c’è un piccolo trucco: aggiungendo “&num=9” alla fine dell’URL si può osservare il proprio posizionamento con il featured snippet disattivato.
Spesso, noterai che per le query in cui appari nello snippet non sarai primo organico.
Ecco, è proprio lì la forza di questo tipo di posizionamento: la possibilità di sorpassare siti magari più autorevoli e ottenere tantissima visibilità.
Come ottenere dunque un posizionamento nel featured snippet?
Abbiamo finito. Queste 12 tecniche SEO hanno un grande potenziale e possono farti ottenere più traffico organico, in modo semplice.
Non c’è bisogno di utilizzarle tutte contemporaneamente, sia chiaro. Puoi anche focalizzarti su una sola di esse, scegliendo quella che reputi più in linea con il tuo tempo e il tuo sito web.
Se cerchi un servizio di supporto SEO a 360°, professionale e profondamente concentrato sui risultati, allora contattaci: insieme studieremo una strategia di ottimizzazione SEO capace di farti ingranare una marcia in più nella SERP di Google.